La storia della strega di Port’Alba non è solo inquietante, ma anche triste. La leggenda e il nome di questa strada nascono nel medesimo tempo.
Quando la leggenda ebbe origine Port’Alba non si chiamava così. Era definita infatti Largo delle Sciuscelle prendendo il nome dai numerosi alberi di carrube sui quali crescevano appunto le sciuscelle: frutti che venivano dati ai cavalli e o agli asini.
Tali sciuscelle rientravano anche nello street food partenopeo. Un dolce di strada che potevano gustare anche i poveri. Per gli studiosi il nome di questo frutto deriva dal latino: “iuscellum” ovvero “brodino”, che cedevano in esso ammorbidendosi.
Il nome della strada in cui si narra fosse vissuta la strega fu cambiato a seguito di una modifica all’impianto urbanistico della zona. Le mura della città, all’epoca, erano molto alte e per attraversare il capoluogo da un capo all’altro era necessario effettuare un giro immenso accedendo dalla porta reale di Costantinopoli. Per questo i residenti chiesero al vicerè di praticare un “buco” o meglio una “porta” nel grande muraglione in modo da rendere più facili e brevi gli spostamenti.
La petizione che raccoglieva la firma dei napoletani fu presentata dal principe di Sansevero, Paolo di Sangro, ad Antonio de Toledo, duca d’Alba, che accettò ad una condizione: le spese per la costruzione di questa porta avrebbero dovuto essere a carico del popolo. Approvata la petizione la porta fu costruita prendendo il nome del viceré.
E proprio qui, in questo quartierino, abitava una bella fanciulla detta Maria la rossa. I suoi capelli lunghi e rossi e la pelle candida d’avorio facevano impazzire tutti. Maria aveva molti pretendenti ma era innamoratissima del suo fidanzato che dopo pochi mesi di frequentazione la chiese subito in moglie.
Maria la rossa, la strega di Port’Alba: da sposina a megera
Vuoi per l’invidia (per chi ci crede) e per quell’amore così fortunato che una sera accadde qualcosa di mostruoso. Maria e suo marito stavano rientrando a casa quando un fulmine colpì il suo uomo pietrificandolo. Maria per giorni non volle accettare la morte del suo amato fino a quando decise di isolarsi.
Divenne una donna silenziosa, scorbutica, incurante del suo bell’aspetto. Incominciarono a caderle i denti, le rughe la divorarono in breve tempo e pare che all’interno della sua abitazione praticasse magia nera e dei potenti elisir.
A poco poco anche gli amici e i conoscenti la allontanarono per il suo aspetto cupo e da megera che trasmetteva terrore. A modo suo, Maria la rossa, si rifugiava nella “magia” per guarire il proprio cuore spezzato.
Per sua sfortuna, la sua storia, è ambientata nell’epoca dell’Inquisizione spagnola e ci volle poco affinché venisse imprigionata. Fu così ingabbiata e lasciata morire di fame sotto gli occhi di tutti proprio a Port’Alba. Fu lasciata penzoloni sotto la porta. Chiese pietà in un primo momento poi prima di morirà lanciò la sua maledizione: “La pagherete. Tutti ! Voi, i vostri figli, i vostri nipoti, tutti. La pagherete“.
Il suo corpo rimase a lungo in quella gabbia. Col tempo invece di decomporsi pare incominciò a pietrificarsi e i giudici dell’Inquisizione decisero di far scomparire quel corpo. Oggi leggenda vuole che Maria vaga come un’ombra scura sotto port’Alba non trovando pace o via d’uscita. Da quel gancio in cui penzolava la sua gabbia, che oggi ha lasciato un segno nel muro, risuona la sua voce che pronuncia l’eterna maledizione.