Luciano De Crescenzo lo avrebbe presentato così: “Saggezza quotidiana a piccoli sorsi“, perché prima del sapore (che si dice in giro sia il migliore), il caffè espresso a Napoli è rito e cordialità, e se parliamo di caffè sospeso “un caffè offerto all’umanità“. Questo breve e riempitivo preambolo per darvi una buona notizia: è stato finalmente presentato il dossier per la candidatura del caffè napoletano come patrimonio Unesco; il dal titolo: “Il caffè espresso italiano fra cultura, socialità, rito e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli“.
L’usanza di bere il caffè come bevanda prediletta, soprattutto al Sud, risale agli inizi dell’800. Dalla cuccumella alla caffettiera napoletana, questa bevanda nera ne ha fatta di strada. È diventata arte non solo nei bar, ma anche tra le mura domestiche. E grazie alla sottoscrizione della Carta dei valori da parte delle comunità emblematiche di Torino, Milano, Venezia, Trieste, Bologna, Roma, Napoli, Lecce, Pescara, Palermo, Modica. «Siamo riusciti a trovare una sintesi tra le due proposte che erano state presentate e che in una prima fase sembravano inconciliabili» ha dichiarato il consigliere regionale Francesco Borrelli che ha seguito l’intero iter.