L’Alzheimer è la più temuta forma di demenza che esista e si stima che nel 2050 colpirà circa 115 milioni di persone triplicandone così il numero. Questa malattia agisce sul cervello con l’avanzare dell’età a causa dell’aggregazione delle proteine beta-amiloidi e tu. Insieme pare inibiscano le connessioni neurali. Gli scienziati dell’University of Texas Southwestern, avrebbero sviluppato un nuovo vaccino per dimezzare il numero di casi di demenza.
I ricercatori hanno quindi concentrato la propria indagine attorno alle alipoproteine, un gruppo di proteine che si lega ai lipidi come il colesterolo, in grado di trasportarli nei vari distretti dell’organismo e non è escluso il tessuto cerebrale. Esistono diverse varianti genetiche di queste alipoproteine (APOE2, APOE3, APOE4 etc etc). Le persone con la variante genica APOE4 hanno livelli più alti di proteine amiloidi, e sono a più elevato rischio di Alzheimer.
I primi esperimenti di questo vaccino causa un gonfiore nell’area cerebrale dei topi, quando appunto veniva iniettato nei muscoli. Il nuovo vaccino, invece, viene iniettato superficialmente sulla pelle in modo che le cellule epiteliali producano una catena rimolecolare di beta-amiloidi. A questo punto il sistema immunitario viene predisposto per produrre anticorpi per combattere beta-amiloidi e tau.
Il nuovo vaccino è stato testato su 4 gruppi di topi, registrando una riduzione del 40% delle placche di beta-amiloidi e del 50% delle proteine tau, senza che fosse osservata alcuna reazione immunitaria avversa. Se il vaccino diventerà una possibilità concreta, dovrebbe essere essere somministrato prima dei 40 anni per prevenire il rischio dello sviluppo di questa malattia.Il Dott. Roger Rosenberg, direttore del Centro Alzheimer dell’University of Texas Southwestern, ha dichiarato che il nuovo vaccino
È il coronamento di un decennio di ricerche che hanno ripetutamente dimostrato che questo vaccino può colpire in maniera efficace e sicura in modelli animali quello che riteniamo possa causare l’Alzheimer […] Credo che siamo sempre più vicini alla possibilità di testare questa terapia sugli esseri umani.
L’autrice senior dello studio, pubblicato sulla rivista Alzheimer’s Research and Therapy, ha concluso:
Se l’insorgenza della malattia potesse essere ritardata di 5 anni, sarebbe grandioso per i pazienti e le loro famiglie. Il numero dei casi di demenza potrebbe dimezzarsi.
Per approfondire l’argomento vi lasciamo il link della pubblicazione ufficiale dello studio e le dichiarazioni del team dei ricercatori.