“Nun sfruculià ‘a mazzarella ‘e san Giuseppe”. Quanti di voi hanno sentito almeno una volta questo modo di dire napoletano? e quanti di voi si sono chiesti cosa significasse e se questa mazzarella fosse veramente mai esistita? Probabilmente in tanti e chissà quante volte anche questo “slag” partenopeo vi ha fatto ridere quando ve lo ha detto la nonna o la mamma per mettervi in guardia, magari da un atteggiamento eccessivamente vivace, o in soldoni da “scugnizzo”.
Significato letterale e figurativo
Ebbene, andiamo subito al sodo! Nun sfruculià ‘a mazzarella ‘e San Giuseppe significa letteralmente “Non sfregare la mazzarella e/o il bastone di San Giuseppe“. Per rendere l’idea in maniera figurata e per convenienze la traduzione più efficace è “Non ‘stuzzicare’ la mazzarella di San Giuseppe“. Ma quando si ricorre a questo modo di dire? È presto detto! Di solito si fa riferimento a un individuo, di qualsiasi età, che con il suo modo di fare insistente, e a volte anche in maniera poco educata, mette alla prova la pazienza di una persona che per quanto possa essere mansueta potrebbe prendere quella mazzarella e suonarvela in testa!
Ma cosa c’entra tutto questo con la mazzarella e San Giuseppe?
Di San Giuseppe è nota la grande pazienza, laboriosità e responsabilità. Un uomo giusto che, senza chiedere nulla, ha accettato di donare tutto, di essere il fedele compagno di Maria e padre di Gesù. Tuttavia anche un uomo come il padre di Cristo potrebbe perderla se qualcuno di questa pazienza ne approfitta. Un esempio facile facile? Provate a dar fastidio al cane più docile del mondo, dopo la prima, la seconda e la terza volta anche lui si stancherà di essere infastidito e vi prenderà a morsi!
E la mazzarella?
A questo punto dobbiamo fare un bel salto all’indietro nel tempo. Il modo di dire è emerso da una serie di documenti consultati da Ulisse Porta Giurleo. L’erudito partenopeo si imbatté così nel nome di un tal cavalier Nicolino Grimaldi, un noto cantante napoletano del ‘700. Di ritorno da un viaggio a Londra, l’artista, portò con sé un’importante reliquia: niente di meno che il bastone di san Giuseppe, quel bastone al quale da sempre l’iconografia cristiana ci ha abituati a vedere tra le mani del santo.
L’oggetto era troppo prezioso per lasciarlo senza protezione e così fu posto nella cappella di casa Grimaldi. Nonostante tutto il cantante decise di condividere con i napoletani un oggetto così importante, tanto che anche il viceré si mise in fila per poterlo ammirare. Purtroppo però vuoi per troppa fede, o anche avidità, tutte le persone cercano di strappare un pezzettino del bastone per portarselo via e possedere così una parte di quella preziosa reliquia. Per evitare ulteriori danneggiamenti, Grimaldi, chiese al suo governante di casa, un veneziano di nome Andrea Masaccio, di trovare una soluzione. Non furono realizzate particolari protezioni ma tra un misto veneto/napoletano, e anche evidentemente adirato con la capa tosta dei napoletani, il governante era solito ripetere a tutte le persone che entravano nella cappella per vedere la reliquia: “Non sfrocoleate la massarella di San Giuseppe”.
Dove si trova adesso la reliquia?
Innanzitutto come fece il Grimaldi ad ottenere una reliquia così importante? Purtroppo la ricostruzione storica di tali avvenimenti è irta di insidie; sembra però che il cantante l’abbia ricevuta, in circostanze misteriose, dagli eredi del comandante della contea del Sussex e sottratta probabilmente ai carmelitani. Tuttavia un dono così prezioso non poteva rimanere incustodito. Grimaldi la affidò al cognato, Nicola Fago, che a sua volta decise che l’unico modo per preservare una cosa così importante era affidarla alla congregazione di San Giuseppe de’ Nudi, che ancora oggi la custodisce.
Quel che resta del bastone dorato di san Giuseppe, quel bastone che lo aiutò nel lungo viaggio con Maria verso Betlemme, si trova attualmente nella sede della congregazione e la Chiesa di San Giuseppe de’ Nudi, insieme ad altri oggetti d’arte di importante valore artistico e storico. La “mazzarella” è stata esposta per la prima volta, dopo 287 anni, lo scorso marzo e oggi tutti possono finalmente visitarla, protetta in una teca dove nessuno potrà mai più “sfrucuriarla”.