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Modi di dire napoletani: “Pè ‘n’aceno ‘e sale, perdimm”a menesta”

Uno dei modi di dire napoletani forse più comuni ma non tutti ne conoscono le curiose origini. Ecco a voi tutta la storia de "Pè 'n'aceno 'e sale, perdimm''a menesta".

Pè ‘n’aceno ‘e sale, perdimm”a menesta” che letteralmente significa: “Per un granello di sale, sciupiamo la minestra“. Un detto particolarmente indicato per il periodo storico che stiamo vivendo. Prima però di farvi qualche esempio facciamo un balzo indietro nel tempo, nelle radici storiche di questo modo di dire napoletano.

L’origine del modo di dire napoletano

Al granello di sale (aceno) si fa riferimento ai danari: “Per pochi soldi di sale si perde la minestra.” Come riporta il manuale “Proverbi. Semi della tradizione” di Vittorio Pupilio, la locuzione si utilizza quando si vuol commentare la sventatezza di qualcuno che per aver voluto usare una piccola diligenza nel condurre al termine un’operazione, ha prodotto danni incalcolabili, tali da nuocere alla stessa conclusione dell’operazione.

Questo modo di dire napoletano ha anche la sua interpretazione inversa. Dalla negligenza anche la troppa premura può far danno. Un esempio palese è analizzare letteralmente il detto; ad esempio quando all’ipotetica minestra si conferisce un trecalle di sale in eccedenza rispetto alla bisogna. Una minestra salata in maniera eccessiva è da ritenersi perduta (di cattivo sapore). Ed ecco appunto il contrario per un granello di sale in più o in meno la minestra può risultare troppo salata o sciapíta!

Modi di dire napoletani: "Pè 'n'aceno 'e sale, perdimm''a menesta"
Il cavallo, la moneta borbonica. Fonte foto: numismaticamente.it

Cos’è un trecalle?

Ma a questo punto vi starete chiedendo cosa sia un trecalle, vero? ‘O trecalle era la più piccola moneta divisionale napoletana pari a stento al mezzo tornese. Aveva un limitatissimo potere d’acquisto, per cui era da stupidi rischiare di rovinare un’intera minestra per lesinare sull’impiego di trecalli per acquistare il necessario sale. Il trecalle fa riferimento all’immagine della testa di cavallo incisa sulla moneta. Il termine cavallo talvolta contratto in “callo”, come nel famoso tre calle in rame, moneta valida dal 1472 al 1815; era in pratica la dodicesima parte di un grano napoletano sostituita poi dal tornese questo assunse il valore di 5 cavalli.

Esempio attuale

Abbiamo aperto questo post spiegandovi che questo detto “Pè ‘n’aceno ‘e sale, perdimm”a menestaha una interpretazione attuale. In riferimento alla momento storico che stiamo vivendo si potrebbe contestualizzare alla difficoltà degli italiani di restare a casa durante la fase 2 dovuta alla pandemia da covid19. Abbiamo trascorso una lunga quarantena e ci resta solo un’altra settimana di sacrificio prima di poter riacquistare più libertà. Invece, come se nulla fosse, si va in giro per strada assembrati e talvolta senza l’utilizzo dei dispositivi di protezione. Pensate a questo detto la prossima volta, prima di commettere quel piccolo errore che potrebbe mettere in pericolo non solo voi, ma anche il prossimo!

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