Questa scoperta potrebbe rimettere in gioco le “certezze” delle fonti storiografiche e dei precedenti ritrovamenti. L’equipe dell’archeologo Filippo Avilla, che da mesi esplora le acque antistanti via Parthenope, dichiara:
Abbiamo individuato altre zone da ispezionare nei fondali di Castel dell’Ovo, sulla base di vecchi incartamenti ritrovati presso gli archivi della Soprintendenza e mai pubblicati. Si tratta di segnalazioni casuali fatte da terzi, dagli anni ’80 fino al 1995 circa, e che, ovviamente, vanno verificate
Dunque la spedizione subacquea continua per verificare se il primo porto greco fosse o meno ubicato di fronte al Maschio Angioino, come si è sempre pensato, o magare, visto le recenti scoperte, davanti a Castel dell’Ovo.
Scoperto il porto greco dell’antica Partenope davanti al Castel dell’Ovo
Il ritrovamento riguarda quattro architravi di tufo a circa 10 metri di profondità, che fanno pensare a un attracco arcaico, in un’epoca databile all’incirca 25 secoli fa in cui il livello dell’acqua era più basso, tanto che l’isolotto di Megaride all’epoca era una penisola.
Nel tempo, la scoperta potrebbe portare a ripensare in senso innovativo anche i percorsi e l’offerta turistica nella zona Luciano Garella, direttore della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Comune di Napoli:
Io trovo che sia veramente singolare e divertente e anche una sfida questa della ricerca subacquea, atteso che la scoperta abbia questa importanza, ci sarà la necessità di studiare un tipo di turismo diverso, cioè subacqueo.